
Ho conosciuto Domitilla Ferrari durante uno dei primi incontri delle Girl Geek Dinner. Di quel primo incontro ricordo il sorriso, gli occhiali rossi, la chiacchera inarrestabile. Poi la vera conoscenza è arrivata quando lei, Mariela De Marchi Moyano e io siamo state coinvolte da Marco Massarotto di Hagakure nell’organizzazione del primo MomCamp.
Siamo amiche? Non so, mi piace pensare di sì. Abbiamo lavorato insieme più di una volta, abbiamo preso diversi caffè e alcuni aperitivi, abbiamo fatto colazione e pranzato, anche. Poi siccome non sempre sono possibili queste belle cose, di sicuro ci intercettiamo. Come quella volta che cercavo i confetti la Prima Comunione di mio figlio e mi ha indicato lei la fabbrica dove comprarli (buonissimi, per la cronaca. In un’ottica di servizio pubblico, si tratta della Manganini, Fabbrica di Confetti, Viale Jenner 14, Milano).
Tutto questo per dire che mentre leggevo Due gradi e mezzo di separazione (Sperling & Kupfer), il libro fresco fresco di Domitilla, cercavo di capire come applicarlo, anche. Con l’enorme vantaggio di chi legge libri scritti da persone che conosce: immaginandosi la voce dell’autore – il suo timbro, i suoi toni, il colore del suo parlato.

Due gradi e mezzo di separazione è un libro sul networking – non è un libro sui social media, perché in realtà i social media sono trattati, qui dentro, alla stregua di quello che dovrebbero essere, degli strumenti e non dei fini. È un libro su che cosa significa fare networking, come si fa, da cosa si comincia, che cosa ci si può aspettare e cosa no.
E mi è piaciuto perché:
- è un libro solare. Dove non c’è spazio per la negatività. Il che non significa che sia un libro tutto fatine e unicorni;

- è un libro semplice. Domitilla parla così: nel suo blog, dal vivo, nelle presentazioni, su Twitter. E ha il raro dono di riuscire ad affrontare argomenti “difficili” con un linguaggio talmente comprensibile che ti rendi conto dopo della difficoltà del tema;

- è un libro diretto. Ti dice “se vuoi ottenere questo, devi fare così”: ordina, prescrive, non ti illude che sia facile, ma ti incoraggia;

- è un libro che parla di umanità e non di tecnologia. Ci sei tu come persona al centro della storia, con i tuoi pregi e le tue virtù, le tue doti e le tue pigrizie. Che, incidentalmente, puoi rendere visibili a un sacco di persone (anzi, a tutti, considerati quanti pochi sono i gradi che ti separano dal resto del mondo) facendoti aiutare dalla tecnologia;

- è un libro che riprende grandi temi. Senza farli diventare temi pesanti. L’economia del dono, il valore dell’attenzione, la reputazione, la condivisione, per esempio. Alla fine il messaggio è uno: sii generoso, se no non funziona;

- è un libro che tira le orecchie. A chi non seleziona i suoi contatti e poi si lamenta della noia; a chi fa i conti da ragioniere prima di concedersi; a chi dice di non avere tempo; e così via.

Poi, anche se l’autrice dice il contrario, per funzionare come si deve, per il networking bisogna esserci tagliati, almeno un po’. Ma questo è un altro discorso.

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