A lezione di Marche

Questo post non è esattamente di lavoro. Parla delle mie vacanze, anzi, di alcune cose che ho pensato a proposito delle Marche, dove sono stata in vacanza. Cose che magari non sembra ma hanno a che fare con il mio lavoro.

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E ovviamente ho ricevuto un sacco di consigli. Grazie a questo post, inoltre, ho trovato una casa in cui passare le mie 3-settimane-3 di ferie.

La premessa fondamentale è che le Marche sono una regione meravigliosa. Bello il paesaggio, bellissime le città e i borghi, simpatica la gente… da farmi chiedere perché non ci sono andata prima.

Perciò, ad uso dei posteri, ho pensato di mettere giù un po’ di indicazioni. Perché le Marche si devono imparare, anche 😉

1. Le guide e le informazioni
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Ho comprato due guide, la Lonely Planet e quella del Touring. Quella del Touring l’ho presa perché era l’unica che parlasse solo delle Marche, l’altra perché, alla fine dei conti, era parecchio più smart.

La Touring va bene per le informazioni: notizie storiche, documentazione sulle opere d’arte, per lo più. Ottima per capire il contesto, ma più utile se si studia a casa che quando sei sul posto.

La Lonely invece è proprio da portarsi dietro. Non ti puoi aspettare molto approfondimento, ma per gli itinerari, i suggerimenti, le cose da fare e da vedere, è più stimolante e pratica.

La vera differenza però la fa l’Ufficio del Turismo. In quello di Porto San Giorgio, dove sono stata, ho trovato una persona estremamente disponibile, che mi ha dato così tante informazioni e materiali che ho preso quelle per la sola prima settimana. Perché l’altra cosa da sapere è che, oltre ai luoghi da vedere, le Marche sono iperattive dal punto di vista degli eventi e delle iniziative.

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2. Educazione civica
E qui iniziano le lezioni vere e proprie. La prima cosa che noti è che il livello di educazione dei cittadini è molto alto. Per esempio nel supermercato trovi questo cartello:

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Ma, per qualcosa che hai, qualcosa devi dare. E allora ecco l’esame di Marchigiano 1: la raccolta differenziata.

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Ci sono 7 tipi di raccolta diversa (indifferenziato, carta, plastica, vetro, umido, alluminio, pannolini), che già ti mettono un po’ in difficoltà sugli spazi, diciamo. Poi c’è il calendario. Ogni giorno puoi mettere fuori un tipo di rifiuto diverso (la raccolta è porta a porta, si possono mettere fuori i sacchi dalle 21 del giorno prima alle 5 del giorno in cui avviene la raccolta di quel tipo di rifiuto), ad eccezione del vetro e dell’alluminio, che vanno conferiti nei cassonetti appositi.

Ovviamente io non ho trovato ‘sti benedetti cassonetti, quindi il vetro, come anche tutti i sacchi di rifiuti diversi da quello del giorno in cui sono partita, sono rimasti bellamente nella casa che avevo preso. Con molta vergogna da parte mia, ma diciamo che se ho passato l’esame per la parte istituzionale (anche grazie alle dritte della nostra amica Monica, che lì c’è nata e quindi non si fa intimidire), ho cannato pesantemente sulla parte monografica.

Una conseguenza di questa, come dire?, attenzione al rifiuto urbano è che ci sono pochissimi cestini per i rifiuti per strada. Se ti bevi una Coca, per dire, poi ti tiri dietro la lattina vuota e la butti via a casa, nell’apposito sacchetto.

Insomma, molto bello ma un po’ complesso da gestire, se non ci vivi.

3. La segnaletica
Sono stata molto indecisa su come intitolare questo paragrafo. Un’alternativa sarebbe stata “l’iconografica”, ma magari risultava scoraggiante. Eppure.

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Ecco, a me questi cartelli mettono un’ansia che signora mia, anche se sono laureata, ho un master e ho pure scritto un libro che non è esattamente chick lit. Credo che Sheldon Cooper apprezzerebbe molto, perché descrivono la realtà esattamente come dovrebbe essere, come sarebbe giusto che fosse. E magari lui, se solo sapesse guidare, forse riuscirebbe anche a parcheggiare così. Ma i comuni mortali no, loro parcheggiano a muzzo, rendendo vani questi tentativi di ordine.

Un altro esempio di segnaletica ad effetto ma magari un filo complicata è quella di Recanati. Recanati è un borgo bellissimo. Così bello che quando ci sei dentro ti chiedi che cosa avesse Leopardi da lamentarsi tanto. E appunto Leopardi è protagonista assoluto delle passeggiate. Non sono c’è un’intera strada tappezzata di brani delle sue poesie

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(che, in perfetto stile marchigiano, non sono titolate, così il gioco è riconoscere la poesia da cui è tratto il brano), ma la segnaletica turistica comprende anche i luoghi delle sue poesie. In pratica:

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Il codice colore, una volta capito, è un vantaggio, aiuta. Prima no, fa simpatia e basta. Ma avete notato, fra le indicazioni azzurre, il simbolo dell’infinito? Fichissimo, trovo. Complicato, alquanto. Per esempio non ho capito a quale poesia si riferisce la ruota – ignoranza mia, eh. Il passero invece no, facilissimo, se hai capito la differenza tra le indicazioni. Se no pensi che è una postazione di birdwatching, tipo.

Insomma, ecco, che non vi venga in mente di andare impreparati 😉

4. L’informazione

I quotidiani che spopolano sono Il Messaggero e Il Resto del Carlino.

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(per la cronaca, la festa è stata rovinata dal furto di salsicce e arrosticini).

Ma se volete davvero un’esperienza superiore non potete non leggere Il Corriere Adriatico.

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La cronaca ovviamente è la parte più sviluppata, ed è bellissima.

Conclusioni

Durante la settimana di Ferragosto le spiagge erano piene (curiosità linguistica: gli stabilimenti balneari si chiamano chalet, come quelli di montagna :)), tanto che l’impressione era che non ci sarebbe stato spazio per più persone. La settimana successiva sono arrivati i milanesi: lo capivi da come parlavano e da quello che dicevano. Capivi anche quali tra di loro erano milanesi tornati a casa e quali amici di chi tornava a casa.

Il fatto di aver visto tanto turismo interno mi ha fatto chiedere dove fossero tutti gli altri, quelli che vanno in Toscana, per esempio. Un territorio così bello se lo potrebbe permettere (ok, il mare è l’Adriatico, e se non sei sulla Riviera del Conero è come stare in Romagna, va bene). Forse non vuole, semplicemente.

E allora ho pensato a tutti gli altri posti d’Italia che meriterebbero, certo, ma che non entrano nella nostra top ten delle destinazioni di vacanza. Su questa cosa ci sto ancora pensando, magari qualcuno tra di voi ha un’idea…

8 risposte a "A lezione di Marche"

      1. Se ti va, poi fammi sapere come l’hai trovato. Se invece non dovessi più sentirti, per me avertelo fatto scoprire è già una grande soddisfazione. Grazie a te per la risposta! : )

  1. Ecco, la paletta turistica è un segno di civiltà enorme.
    A giugno sono stata in Puglia, a Trani, nel famoso castello dove sono esposti pezzi antichi e, ovviamente, ci sono molte indicazioni storiche. Beh, le palette informative erano scritte in un linguaggio talmente tecnico che non comprendevo molti termini, nonostante io sia una appassionata di storia dell’arte. Questa cosa mi ha così irritato! Ho pensato alla scolaresca elementare che era dietro di me, alla persona con un livello culturale più basso o, banalmente, a chi, come me, non è laureato in Archeologia!
    Cosa si fa della cultura in Italia? Si vuole diffonderla o stiparla?
    Ecco, qualcuno di competenza, abbia una nuova missione, rinnovare le palette museali adottando un multiliguaggio (e grafica carina)

    1. A me la cosa ha fatto sorridere, ma è indubbio che si crea una spaccatura tra chi riesce a capire (e attenzione, dove sta scritto che per fare un giretto in un paesino io debba essere laureata in lettere?) e chi no. Chi non ci riesce si perde un’occasione preziosa per crescere. Chi non è cresciuto grazie a un viaggio non parlerà del suo viaggio. Chi non parla del suo viaggio è un turista inutile, che non porterà altri turisti.
      Alla fine quello che mi chiedo è questo: non è che l’Italia rimane una meta elitaria – spesso anche per gli stessi italiani – e non vuole proprio uscirne?

      1. Esatte parole, elitarietà della cultura. Questo mi ha mandato in bestia!
        In ogni caso, io credo che si possa essere una meta turistica di un certo profilo senza essere snob.

  2. Vedi, Monica, il fatto è che magari dietro c’è proprio la volontà di non “allargare il parco turisti”. E’ quello che mi sono chiesta: una regione molto attenta ai suoi cittadini può scegliere di proteggerli al punto da fare scelte che tagliano fuori qualcuno. Una delle cose più interessanti e belle che ho fatto è stato un giro di Porto San Giorgio organizzato dal FAI (l’iniziativa si chiamava “i mercoledì del turista”. Io ho molto apprezzato anche la scelta della parola turista, che certe volte sembra un insulto e invece è proprio quello che siamo tutti quando andiamo al mare): elitario? certo. Divertente? Certo, ma non per tutti. Insomma, sono scelte, anche se inconsapevoli.

    1. A me non piace l’effetto mandria in panico o l’effetto enoteca lucana in trasferta. Siamo d’accordo sul selezionare, siamo d’accordo sulle scelte inconsapevoli ma trovare una paletta scritta da un archeologo ad un archeologo, in un museo pubblico, mi irrita profondamente.
      E’ un modo molto regale, altero per dire “io so io e voi nun siete …”
      Viviamo in un paese in cui, appena nati, abbiamo sotto gli occhi il 70% del patrimonio monumentale ed artistico mondiale, forse siamo talmente abituati alla bellezza da trascurarla. Il che è un paradosso.
      Ora se invece di respingere con un linguaggio osceno chi passa per il castello di Trani, anche per puro caso, lo accogli rendendolo partecipe al racconto di una storia (quella del castello e di chi ci è passato in 500 anni di storia), è probabile che riusciremo ad iniettare in questo paese un pò di bellezza e gentilezza.
      Chissà che non ne derivi la consapevolezza di essere così fortunati!
      Per cui, concludendo … cambiate le palette nei musei!!! 🙂

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